Secondo i
principi affermati dalla giurisprudenza in materia con tale disposizione, e già
con il precedente art. 118 del d.lgs. n. 163/2006, il legislatore ha inteso
ampliare quanto più possibile il concetto di subappalto al fine di evitare ogni
possibile elusione della disciplina in materia di evidenza pubblica, dettando
una serie di cautele funzionali a garantire la qualità della prestazione del subappaltatore
e a prevenire fenomeni di infiltrazione delinquenziale nei contratti pubblici.
Deve quindi essere qualificato come subappalto, ai fini delle norme sui
contratti pubblici, “qualunque tipo di contratto che intercorra tra
l'appaltatore e un terzo in virtù del quale talune delle prestazioni appaltate
non siano eseguite dall'appaltatore con la propria organizzazione, bensì
mediante la manodopera prestata da soggetti giuridici distinti, in relazione ai
quali si pone l'esigenza che siano qualificati e in regola con i requisiti di
ordine generale; non sussiste sub-appalto soltanto laddove le prestazioni siano
eseguite dall'appaltatore in proprio, tramite la propria organizzazione
imprenditoriale” (Cons. Stato, sez. V, 3 aprile 2018, n. 2073). In tale contesto
il ricorso al lavoro autonomo, pur se consentito, è subordinato dal codice, al
fine di evitare un uso elusivo delle norme poste in materia del subappalto,
all’individuazione specifica del contenuto delle attività da svolgere; ciò in
quanto l’affidamento di parte delle mansioni a lavoratore autonomo implica lo
svolgimento delle stesse da parte di un soggetto esterno all’organizzazione
dell’appaltatore e non nella stessa stabilmente incardinato, come un lavoratore
dipendente. Ed ecco quindi che in tema di subappalto, e di ricorribilità
avverso i vizi dedotti contro la lex specialis – bando – la giurispdurenza ha
avuto modo di precisare di dover evitare la “caccia all'errore”. A quest’ultimo
riguardo, infatti, secondo la prevalente giurisprudenza, condivisa dal
Collegio, il procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta è finalizzato
ad accertare l'attendibilità e la serietà dell'offerta, nonché l'effettiva
possibilità dell'impresa di eseguire correttamente l'appalto alle condizioni
proposte: la relativa valutazione ha, peraltro, natura necessariamente globale
e sintetica, non potendo risolversi in una parcellizzazione delle singole voci
di costo (come nel caso di specie) ed in una caccia all'errore nella loro
indicazione nel corpo dell'offerta, costituendo, in ogni caso, esercizio di
apprezzamento schiettamente tecnico, non sindacabile in sede giurisdizionale,
se non per illogicità, manifesta irragionevolezza, arbitrarietà (cfr. ad es.
Consiglio di Stato, sez. V, 14 aprile 2020, n. 2383). Secondo la recente
pronuncia del CdS n. 389/2020, non è pertinente al riguardo neppure il richiamo
all’istituto del subappalto previsto dall’art. 105 del codice dei contratti
pubblici ed ai limiti ad esso relativi (30% per cento «dell’importo complessivo
del contratto di lavori, servizi o forniture», secondo la formulazione del
comma 2 della disposizione richiamata applicabile ratione temporis, che
peraltro deve ritenersi superato per effetto delle sentenze della Corte di
giustizia dell’Unione europea del 26 settembre 2019 (C-63/18) e 27 novembre
2019 (C-402/18). Il subappalto dà infatti luogo ad un contratto derivato,
rilevante nella fase di esecuzione del rapporto, contraddistinto dal fatto che
il rischio imprenditoriale ed economico inerente all’esecuzione delle prestazioni
in esso previste è assunto dal subappaltatore attraverso la propria
organizzazione, mentre il subappaltante rimane responsabile nei confronti
dell’amministrazione aggiudicatrice, ai sensi di quanto previsto dall’art. 105,
comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016 (in termini, in relazione alla previgente
disciplinare di cui al codice dei contratti pubblici approvato con decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163, cfr. Cons. Stato, V, 25 febbraio 2015, n.
936, 16 aprile 2013, n. 2105, 26 marzo 2012, n. 1726) La rassegna su
menzionata, e tratta dalla giurisprudenza interna, evidenzia come a seguito
della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 26 settembre 2019 (C-63/18)
sia necesasrio un intervento legislativo atto a rendere omogeo il diritto
sostanziale – codice degli appalti – con la giurisprudenza delineatasi anche al
fine di limitare il contenzioso. Giova infatti evidenziare che si sta
assistendo ad una nuova regolamentazione normativa ad opera delle pronunce
amministrative, a scapito della certezza del diritto